Il messaggio della
         Famiglia Camilliana
                                                        di Csíkszereda


Anno XIV, nr. 143 – luglio 2010

Il primo incontro: dal ‘sociale’ al ‘pastorale’ (Riquadro n. 12 )

Segmenti dal libro di P. Angelo Brusco, Attraversare il guado… ,

 

Il primo incontro con il malato riveste una grande importanza, perchè può incidere sulla qualità di tutto il processo dell’accompagnamento. E’ quindi necessario che l’operatore pastorale vi si prepari, chiarendo l’obiettivo che intende perseguire fino ad immaginare i passi che riterrà opportuno compiere..

Dopo il saluto, la presentazione reciproca, può aver luogo un momento socializzante che, però, non deve prolungarsi eccessivamente.

Il passaggio dal colloquio sociale a quello pastorale è facilitato dalla presentazione precisa dei fini e dei mezzi dell'incontro pastorale. Altrimenti, come afferma H. Nouwen, può accedere che “a volte uno cerca consiglio e riceve un sermone, oppure vorrebbe essere ascoltato e riceve un discorsetto, oppure spera di ottenere delle informazioni e riceve un mugolio”.

L’approfondimento della conversazione dipenderà anche dalle attese del malato. In ogni caso, il dialogo acquisterà spessore pastorale nella misura in cui l’operatore si mostrerà capace di centrarsi sul vissuto del malato e sull’incidenza che esso ha sulla sua visione della vita. Domande come la seguente: “Come sta vivendo questo momento di malattia?”, a volte sono sufficienti per imprimere una svolta alla conversazione.

L’andamento del colloquio offrirà indicazioni per il prosieguo dell’accompagnamento. Nel caso che il malato sia disposto o desideroso a continuare è opportuno che venga stabilita una specie di contratto. L'analisi di tanti incontri pastorali porta a concludere che essi risultano inefficaci per mancanza di struttura contrattuale.

Tale struttura consiste nell’accordarsi con il malato sulla frequenza degli incontri e sulla loro eventuale durata, nell’assicurare il carattere confidenziale dell’incontro. Tra gli effetti di tale accordo vicendevole vanno sottolineate la riduzione dell’ansietà e l’assunzione della propria responsabilità nel processo dell’accompagnamento. Una ragionevole flessibilità aiuterà a modificare la struttura della relazione.

Malgrado la diversità dei contesti, crediamo che il discorso sulla struttura dell’accompagnamento sia valido anche per quegli incontri in cui è l'operatore pastorale a prendere l'iniziativa, come accade nelle visite ai malati o alle famiglie di una parrocchia o in altri contesti... Anche in questi casi, infatti, gli elementi strutturali ricadono a beneficio della relazione.

 

Un cuore che ascolta (Riquadro n. 13 )

Un cuore che ascolta: cosa significa, cos'ha di così essenziale ed insostituibile questo atteggiamento, tanto che Dio lo equivale alla saggezza ed all'intelligenza e che costituisce l'unica richiesta nella quale si riassumono tutti i beni desiderabili?

“Di fronte a Dio, nei nostri rapporti più intimi con Lui, non è forse un cuore che ascolta la parte migliore di cui il Signore ha detto che non ci sarà mai tolta (Lc 10, 42)? " Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola" (Lc 10, 39). La parola che il vecchio Eli insegna al giovane Samuele, " Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3, 9), esprime un atteggiamento fondamentale dell'anima che sa nella fede che il suo Dio vuole entrare in comunicazione diretta con lei. Per questo rimane in ascolto di tutte le chiamate di Dio, di tutte le ispirazioni dello Spirito. " Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" (Lc 11, 28). Ma è soltanto quando un profondo silenzio avvolge tutte le cose che la Parola si manifesta in noi. Dammi, Signore, un cuore che ascolta, poiché la Parola unica non moltiplica le parole: " Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole" (Mt 6, 7). Quando il Signore, Saggezza increata, prende possesso di un'anima, non grida, non alza il tono della la voce (Is 42, 2), bensì tace nel suo amore (secondo il testo ebraico, N.d.T.) (Sof 3, 17). Colui che l'ascolta dimora nella pace (Pr 1, 33). E' sufficiente ascoltare nel proprio cuore il silenzio di Dio finché il nostro cuore non si purifichi in questo silenzio ed il Signore non gli doni la saggezza (Pr 2, 6) - la Saggezza, dono che trasforma il silenzio in intelligenza e ci fa gustare l'intelligenza increata, lo Spirito.

Un cuore che ascolta, non ha il suo valore solamente in questo ambito della nostra vita profonda con Dio, ma anche in altri campi, in particolare nei nostri rapporti umani. D'altronde, è in questo contesto che si situa storicamente la domanda di Salomone. Un cuore che ascolta: non è questo che si aspettano da noi i nostri fratelli, anche se non in modo esplicito? I malati, i poveri, sovente ne hanno più bisogno che non di medicine o di pane. Ma anche semplicemente da parte di coloro che ci stanno più vicini, non sentiamo forse segretamente questa richiesta? Ognuno ha la sua pena da portare ed il suo fardello personale. Talvolta il peso più faticoso non è proprio questa etichetta, questa apparenza, questo "io sociale" che spesso è così diverso dal proprio vero io e dal quale non riesce ad evadere? Quando "l'uomo interiore si trasforma giorno per giorno sotto l'azione dello Spirito" (2 Cor 4, 16; Ef 3, 16), tutta la corteccia dell'uomo carnale resta attorno a lui come una scoria ed una prigione. Ed egli grida senza che nessuno lo possa ascoltare, ed ha tanto bisogno accanto a sé di un cuore che ascolta - e ciò gli potrà forse bastare perché si manifesti. Liberando il proprio vero io, lo si può comprendere e ricondurre totalmente ad essere…”( Sœur Jeanne d'Arc).

 

“Chi mai è sempre disposto ad ascoltarci in questo mondo,

se non un amico e un maestro, un fratello, un padre, una madre,

se non una sorella, un vicino, un figlio, se non un signore, un contadino?

Ci ascolta il consigliere? La gentile signora,

l'uomo gentile, che ci stanno vicino?

A chi si può dire: eccomi? Guarda la mia nudità,

guarda qui le ferite, la sofferenza segreta, la delusione,

le trepidazioni, il dolore, il dispiacere indicibile, la paura, la solitudine!

Ascoltami per un giorno, un'ora solamente, soltanto un momento

affinché io non passi nell'orrore del selvaggio isolamento!

O Dio, non c'è nessuno, che mi ascolti...” (Seneca)

 

Notizie :

* Il 14 luglio: festa di San Camillo de Lellis, patrono dei malati, ospedali ed operatori sanitari. Dalle ore 16 nell’Ospedale Generale faremo la memoria del santo insieme ai malati, dalle ore 19 nella chiesa Sant’Agostino partecipazione all’eucaristia, dopo quale la Famiglia Camilliana si incontra.

* Rendiamo grazie a dio i nostri figli hanno presentato ottimi risultati al baccalaureato e competizioni.

La nostra Imre Krisztina è riuscita quale terza agli esami, Emil combatte lo sport con fermezza, Nagy Timea è entrata al liceo Maria ausiliatrice con successo notevole. Dio aiuti i loro passi nel futuro!

 


Con affetto, Bakó Mária Hajnalka, RO – 530 194 Csíkszereda, Hunyadi János, 45/A/27, Tel/Fax: 0040 366 10 22 55 / 0040 721 088 154 / e-mail: mariabako@hr. astral.ro


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