Anno XX, Nr. 218 – gennaio 2017
La pastorale ospedaliera in Csíkszereda
Ho bisogno della comunità dei santi per trattare tale tema, parlare sulle persone che sono ancora qui nella vita terrena e su quelle che sono già andate nel regno dell’Amore onnipotente.
Pensando a questo proposito, tutta la mia vita era una preparazione a questo cammino di vita, dall’infanzia, durante i lunghi anni passati nell’ospedale fino la distinzione per eccellenza, che ho portato per i miei malati da Roma, la presenza di Cristo e la Sua dignità nella pastorale. Ho lottato per essa.
Quando e dove si è iniziato tale cammino di vita? Cerco di pormi la domanda, ora, quando è finita la strada. Là, nell’ospedale, vedendo la mancanza della cura senz’anima, quale bimba è nata nel cuore il desiderio, se crescerò, lo farò tutto in altro modo, e subito mi sono impegnata a consolare gli altri.
Poi, il cerchio cresceva sempre più ampiamente dalla famiglia attraverso i vicini fino le conoscenze, luogo di lavoro, ai bisognosi. L’aria si è sempre condensata con me, nella rotazione degli eventi, fino a quando un bel giorno mi trovò davanti al futuro sbocciante. I miei benefattori mi passavano in pratica da mano in mano. Guardavo con ammirazione i paralleli nella mia vita, da una parte perché mi ha fascinato la loro bontà, amore, devozione, dall’altra ho assaggiato come la Provvidenza fa sbocciare quel cammino specifico progettato per me, cui spettatore e protagonista sono diventata ogni giorno.
Per prima, ha esteso per me il circolo familiare delle “madri” accoglienti a Budapest, soprattutto nella persona di Herpy Mária e Dr. Simon Ernőné, Mamma Eva, che mi ha contattato il primo padre camilliano dr. Anton Gots. Egli ha mostrato il modello di Cristo nella cura di San Camillo: curare nel malato il Cristo stesso, e come colui che cura, portare Gesù al malato. Fare tutto con un cuore materno, come solo una madre è capace, che sta curando l’unico figlio malato. La svolta decisiva mi aveva portato il suo insegnamento nella chiesa di San Lorenzo di Budapest, quando ha estratto l’essenza della sofferenza cristiana: ogni sofferenza/malattia umana unita alla sofferenza del Signor Gesù è “santità”, e come tale, prende parte dell’opera redentrice di Cristo. Tale intuizione è diventata poi la base del cammino. Proseguivano nuovi lunghi anni di studio. Bisognava scoprire gli altri miracoli, che mi avvicinavano alle cognizioni e consolidazioni successive. La strada mi è stata segnata per “l’apostolato”. Mie madri hanno provveduto dell’amore di cuore materno, pure di forza dell’animo, corporeo, cibo, buon consiglio. La Provincia Camilliana Austriaca mi ha preso cura e grazie alla magnanimità del P. Provinciale Leonhard Gregotsch, sono diventata alunna dell’Istituto Internazionale di Pastorale Sanitaria, Camillianum di Roma tra 1994-2000. Qui è divenuto un nuovo momento di svolta nella mia vita: ottenendo il dottorato, portare ai miei malati futuri il grado massimo di studio. Da piccola mi preparavo per la medicina, non potendo raggiungerla, perché mio destino si è formato in altra direzione, però mi ha ricompensato con tale distinzione. Spesso dicevo in corso perciò: “Hai buon umore Signore!”
La tappa primordiale del mio cammino giocoso si lega al P. Angelo Brusco, generale camilliano, che chiamo semplicemente quale “mio professore di Roma”. È stato lui la persona che mi delineava la strada, non solo durante gli anni di studi, ma anche dopo, fino ad oggi.
E alla fine seguiva il dare inizio alla pastorale ospedaliera nella mia città nativa Csíkszereda. Era un boccone. Sono passati sedici anni esattamente: dal primo dicembre 2000 al 1.12.2016. Posso dire: Si è compiuto. In questa fase di vita è stata la mia Diocesi, di Gyulafehérvár, Che sí è impegnato per la causa. Per il mio sostenimento ha pensato la parrocchia romana cattolica di Santa Croce della città. Su questi anni ho detto e scritto molto, ora parlino i malati e i sei (+ 1) libri di preghiere e professionisti.
Ho cominciato i miei pensieri con il chiedere aiuto dei santi e vorrei finire lo stesso così: con lo stima e amore dal profondo del mio cuore voglio ringraziare a Tutti, che hanno aiutato la creazione e mantenimento di questo “san servizio”, la cura pastorale dei malati d’ospedale, che ho potuto compiere con spiritualità camilliana per sedici anni, fino il mio ritiro in pensione. Quest’ultimo passo non era secondo la mia volontà. Non mi sono occupata mai, quando finirò il mio servizio, bensì con quello, che cosa posso fare ancora. Ho dovuto sottomettere alle nostre leggi. Per la mancanza di sussistenza è cessata con il mio congedo anche la presenza camilliana, però grazie a Dio continua la cura pastorale dei malati.
L’ultima santa messa nell’ospedale
Sarebbe difficile raccontare cosa ho sentito preparandomi per l’ultima mia messa nell’ospedale.
Una vita intera si è condensata in essa, la mia vita. Il compimento. Vertice e fonte, che diventano quintessenza umana dalla divina nella santa messa, per far divino l’umano. Qui scompare la pignoleria personale, qui si offre se stesso al più Sublime, diventando uno. Qui non ci sono più inizio e fine, c’è solo “l’ora”, l’eterno “presente”, che finora, strada facendo appariva solo “qualche volte” per viverlo.
Tendevo arrivare con lo stesso assetto come sempre, però la magnitudine che vivevo mi aveva strappato l’anima. Non aveva più spazio dentro di me, si è sgorgato di là. Galleggiavo tra cielo e terra, nel regno del “già” e “non ancora”. Vedevo davanti a me tutte le realizzazioni e anche il passare oltre. Tutto resta qui, dicono i vecchi, che hanno già imparato tale saggezza della vita. Che sta ancora lottando per i suoi scopi, non capisce queste parole. Nemmeno è suo dovere comprendere, bisogna ancora creare.
Adesso mi pervade la felicità, perché ho tanto da lasciare qui, non devo andare via con l’anima vuota. Sapere tale, è come una casa, che mi accoglie, mi copre, abbraccia, calma, mi crea gratitudine.
Quando sono entrata nella sala dei raduni/biblioteca (cappella), per il mio massimo stupore, mi aspettavano i piccoli e grandi della Famiglia Camilliana. Ero commosso senza fine. Non mi aspettavo una tale accoglienza. Il fatto che era presente la mia collega e la successore, nemmeno l’ho osservato, le mie emozioni erano del tutto occupate con il vivere della magnitudine.
Avevamo una santa messa meravigliosa, indimenticabile. Ogni suo momento si è inciso in me. Non era un rendere addio, bensì il più bell’incontro, dove non c’è inizio né fine, solo il presente eterno, che ha dissolto già ogni ricordo avuto, e si splende nella sua piena brillantezza, nel presente.
Notizie:
* La “venuta degli angeli” nell’ospedale l’abbiamo tenuto come il solito, solo la Nagy Tímea è rimasta lontano, perché una settimana prima ha cominciato a lavorare, non potendo partecipare. Sono partita con sei ragazzi da Csomortán, tre maschi e tre femmine, per le madri non c’era luogo nella macchina. Le ragazze recitavano poesie. La famiglia Brügger con quattro figli (e il quinto nascente) è arrivata con il loro programma di canto, portati da mia figlia Eva. Abbiamo regalato tutti i piccoli e le loro madri.
* La Vigilia di Natale abbiamo festeggiato a Csomortán, le tre ragazze recitavano poesie nella chiesa.
* Il capodanno è percorso in gioia, pace e splendore di luce. L’anno nuovo si è iniziato con speranza.
* Alla festa di Befana il nuovo parroco Göthér Gergely ci ha visitato e ha benedetto le nostre case.
* Il 14 gennaio il Padre Angelo Brusco ha compiuto ottant’anni. Nello stesso giorno è nato il quinto figlio, Sándor, della famiglia Brügger. Il Buon Dio benedica tutti i due con una vita lunga e felice!
* Il 15 gennaio nella mia casa sono incontrato con i ragazzi dei ritiri, chierichetti, per parlare insieme.
Per mia stagione di pensionata mi sono rimasti sette impegni e un modo di cura, la DXN (funghi, alghe, piante medicinali, erbe di spezie, supplementi alimentari, igiene, e consulenza di salute).
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