Anno XXIII, Nr. 258 – ottobre 2020 – 750 anni del genio ungherese Beato Eusebio, 100 anni del Credo ungherese Magna Domina Hungarorum Il mese di ottobre nel mondo cattolico è quello del rosario. Nei giorni quotidiani è il periodo del conteggio della raccolta, il misurarsi dopo un anno. Si svolge ancora un febbrile lavoro nelle fattorie, fino a quando non torna a casa tutto dal campo. I giorni si accorciano, le notti si allungano. Qual è la liturgia serale di ottobre? Risposta: Devozione di ottobre. Per noi, ungheresi l’ottobre è anche il mese della nostra Signora Grande, la Magna Domina Hungarorum. Il nostro re, Santo Stefano aveva offerto a Lei la propria corona, la Sacra Corona degli Ungheresi insieme al suo popolo come eredità al declino della sua vita, restandosi senza successore. In che consiste l’atto rivoluzionario del nostro re, Santo Stefano? Risposta: Per prima volta un re l’ha offerto in protezione celeste, personalmente, alla propria Sovrana, Madre divina, il suo paese, i suoi distintivi sovrani e la sua nazione. La Patrona degli ungheresi, la Magna Domina Hungarorum ha ispirato gli ungheresi amanti del cantare a esprimersi tramite la musica. Tale bisogno dell’anima certamente è di stessa età con la coscienza degli ungheresi, che si perde nella storia, ma è rimasto vivo fino ad oggi la sua sequela, stima e amore, formandosi da una canzone del popolo a un inno devozionale, valido per ogni Ungherese. Per fortuna ci è rimasta una fonte scritta, per la quale siamo degni di essere onorati. Qual è questo nostro inno più antico? Risposta: La “Madre Nostra Domina Felice” (dal 1715). In onore della Magna Domina Hungarorum, gli “eredi” fedeli appartenenti al Regnum Marianum hanno costruito dei santuari. Tra questi vorrei menzionare solo tre. Uno di loro si trova al cuore dell’Ungheria piccola, rimasta per oggi detto Paese Madre, a Budapest, il secondo c’è al cuore del mondo cattolico a Roma sta aspettando i successori del re Santo Stefano, il terzo si trova nella patria più stretta, in Csík, festeggiando la qualità di vita sublime appartenente alla sua Patrona Santa. Quali sono questi santuari? Risposta: La Chiesa in roccia di Budapest, la cappella ungherese sotto la Basilica San Pietro di Roma e la chiesa di Csomortán. La nostra nazione celebra la sua festa con straordinaria devozione nei nostri templi rivolti a questa dignità. In tali occasioni lo spazio e il tempo scompaiono, solo l'inchino e la gratitudine possono essere espressi nell'esperienza di tale onore celeste, al giorno di festa della “mediatrice di tutte le grazie”, che è la Madre della nostra nazione. Quando si celebra la Sua festa? Risposta: L’8 ottobre. L’articolo in forma virtuale alla pagina 11: https://issuu.com/krisztusvilaga/docs/krisztus_vilaga-10_2020 Varie espressioni per le maschere (maszk, maszka e maszkura) - nella lingua ungherese Le disposizioni insoliti per la cautela dei tempi presenti sollevano anche interessanti pensieri per coloro che parlano ungherese. La nostra lingua è incredibilmente ricca in termini di espressioni, il parlante può avere anche voglia di scherzare senza volerlo, che è dovuto alla struttura particolare linguistica basata sul sistema di radici delle parole perché può comporre anche delle catene lunghe nel parlare. Purtroppo non ho trovato il termine adeguato in italiano per tutti i tre concetti scelti, così userò il termine ungherese per far sentire il significato. La parola “maszk” significa copertura, il non riconoscimento, presenza modificata nel pubblico. All’uso teatrale è coprire il volto, stare incognito, portare volto falso. Anche la parola “maszka” è collegata all’umore di allegria. Tutti conoscono la vasta gamma di possibilità per mascherarsi come intrattenimento carnevalesco. Però, da noi, a Terra dei Siculi “andare in maszka” significa un compito speciale: colui che va in “maszka”, non è stato invitato alle nozze, ma alcuni che hanno la voglia di vedere la sposa, l’allegria delle nozze, vogliono ballare con la sposa, con il sposo, con il padrone delle nozze, o con alcuni degli ospiti, perciò partono vestendosi nei vestiti insoliti, mascherando il loro volto dipingendolo, non raro si difendono con il cucchiaio di legna contro gli sguardi indiscreti. Portano alla giovane coppia dei regali divertenti e accettano volentieri il regalo del padrone il brandy di cumino e i dolci. Se hanno ballato abbastanza, come arrivavano, inaspettatamente attorno la mezzanotte, scompaiono. La “maszkura” ha un significato più deciso, nonostante anche il suo significato è multistrato. Il contadino che coltiva grano, o papavero, mette dei “maszkura” al campo, che imita la forma umana, vestendolo nei vestiti umani, indossando tanti tipi di nastri appesi, o vestiti strappati per alienare gli uccelli che pizzicano volentieri il grano o i semi di altre culture. In una parola: è spauracchio. La curiosità del termine è che in lingua italiana i derivanti del “maszk” viene detto come mascherina. Non aspettare la buona educazione da un ungherese, se sulla base della sua eredità linguistica è costretto a usare tale espressione obbligatoriamente, per ordine, perché vuole o no, sorriderà comunque. Quanto vale un cioccolato? Ero ancora in elementare quando mio fratello andava all’università. Avevamo un buon rapporto ci aiutavamo a vicenda secondo le nostre possibilità. L’altruismo di mio fratello cominciava a stupirmi molto presto. A quattro anni è successo per prima volta. Stavo malata a casa, mentre lui andava a lavorare con gli “uomini” al bosco. Al ritorno mi portava un mazzo fi fragole gustose. Ho visto che non manca nessun occhio alla fragola, l’ho chiesto se lui abbia mangiato? Mi disse di sì, che credevo e no, però guardando dentro di me, ho pensato che forse io non sarei stato in grado di non toccarlo fino a quando avrei portato a casa. Mi sono vergognata. Davanti a me stava un esempio al quale non mi sono sentita degna… E’ successo poi che una volta, quando si è tornato a casa per le vacanze, ho ricevuto da lui un cioccolato grande di 10 denari. A quel tempo questo era una rarità da noi. In qualche modo si chiarito che mio fratello aveva 13 denari per tre giorni. Mi sono stupita chiedendolo: “Che cosa hai mangiato allora? Mi portavi un cioccolato per 10”. Mi rispose: “Mia piccola (così mi dice fino ad oggi), un cornetto costa 0, 60, uno iogurt 0,40, ciò che mi bastava per tre giorni”. D’allora il valore del cioccolato grande è inestimabile… L’anno scorso mi è successo un caso simile. Mia cara sorella spirituale faceva il suo dottorato a Budapest. Si è saputo che è molto difficile far fronte con la parte finanziaria. Cominciai a raccogliere le possibilità per aiutarla e parlavo anche con mia amica generosa sul caso. Alla fine siamo stati in grado di aiutarla. Nostra dottoranda mi ha raccontato che s’impegna ogni tanto all’estero a una famiglia anziana, che sono più economisti col denaro quanto io abbia mai sentito. Nostra amica si è dimagrita in modo drastico durante il tempo passato là, malgrado questo quando mi ha portato un cioccolato grande, l’ho rivissuto la vecchia storia, che raccontando anche a lei, tutte due di noi l’abbiamo lacrimato. Le persone generose salvano solo i loro capolavori su se stessi, mentre agli altri danno tutto il loro rispetto… Ci prendiamo davvero cura dei nostri figli? E successo il 6 di ottobre presso la nostra zona. Il pulmino che porta gli alunni non ha preso tutti i ragazzi (secondo le regole delle restrizioni), quelli dovevano aspettare sotto la pioggia battente fino al ritorno del veicolo. Nel frattempo essi si bagnavano fino la pelle sotto il pino, non essendo altro tetto, libri, quaderni lo stesso. Per il fatto chi si è raffreddato e ammalato, e con le complicazioni non si preoccupa nessuno più…
Con affetto, Bakó Mária Hajnalka, RO – 530 194 Csíkszereda, Hunyadi János, 45/A/27, Tel: 0040 366 10 22 55 / 0040 721 088 154 / e-mail: kamillianus@gmail.ro – Archivio: www.camillo.romkat.ro (it), http://www.kamill.romkat.ro/ (mag) |