Anno XX, Nr. 209 - marzo 2016 – Anno Santo della Divina Misericordia
Lingue materne, lingue di collegamento…
La persona umana se esce da casa s’incontra con qualcuno che parla diversamente, ha altro temperamento, tonalità, modo di esprimersi. Poi, se ne va nella località vicina, può sperimentare le tradizioni di quel posto, atteggiamenti caratteristici del luogo. Passando oltre il monte sicuramente scoprirà ancora più curiosità nel linguaggio delle persone che vivono là. Il fatto che come può farsi capire dagli altri in un ambiente straniero, dipende anche dalle persone accoglienti. Quale ungherese sicula di Transilvania ho percorso alcuni cammini in qualche paese dell’Europa, cogliendo esperienze, che, se uno non va oltre le frontiere del proprio paese non ha come sperimentare. A casa, nella mia più stretta patria, in Transilvania mi divertivo solo con i vari dialetti, accenti, sorridendo allegramente sugli sbagli del pronunciare, che una persona d’altrove potrebbe interpretare diversamente.
Il primo luogo, dove mi sono trovata di fonte con la difficoltà della comunicazione era la Patria Madre, l’Ungheria. Ero cosciente che vivendo in minorità (in Romania), le parole che sono arrivate a noi, per loro sono sconosciute, però vedevo lo stesso come i loro vicini occidentali hanno il proprio influsso su di loro, e sperimentavo tristemente, che mentre da me a casa siamo stati resistenti contro l’influsso straniero nel parlare, per es. non diciamo mai al frigorifero quale „frigider”, a loro è diventata una cosa normale. Sentivo per tanto tempo, che le mie conoscenze, amici, perché la Provvidenza mi aveva regalato con persone amorevoli, sembravano avere pietà nei miei confronti per la comprensione della mia comunicazione particolare e mi hanno corretto gentilmente se dicevo qualcosa diversamente. Mi era chiaro di non avere da dove sapere le espressioni tecniche in ungherese, però le difficoltà nel parlare letterario mi causavano problemi. Infine, sono arrivata a un punto, quando mi sono rallentata molto quando vedevo parlare con una persona dalla Patria Madre, perché prima dovevo pensare la comunicazione adatta alla sua comprensione, solo dopo gli ho parlato. Perciò il mio parlare della lingua materna è diventato molto lenta. Ho accettato con sentimenti diversi tale situazione, essendo cittadina secondaria in paese, e proprio nella Patria Madre sono emersi i problemi più difficili nella comunicazione. Era un lavoro molto stancante spesso, penso, anche a loro.
In Italia ho incontrato tale fenomeno raramente. Mi sono sorpresa, infatti, perché non parlavo ancora la lingua quando sono arrivata a Roma. L’amore accogliente degli italiani era così grande che mi hanno incoraggiato, sono buttata nell’imparare il più presto possibile la lingua. All’inizio nel collegio le ragazze mi facevano parlare almeno tre ore al giorno. Alla fine della conversazione non avevo potere nemmeno per andare via, ma vedevo presto l’effetto benevolente dello sforzo. Poi, quando qualcuno mi ha apprezzato per il mio parlare, dicevo sorridente: „E’ merito vostro, mi volete tanto bene, e mi spingete nello studio della lingua”. Un’ascoltatrice vigile mi ha svelato una volta, sentendomi parlare in italiano. Mi ha chiesto, come mai, io, l’ungherese parlo senza problemi in italiano e in ungherese non? Ma… vedi. Poi è arrivata la prima sorpresa grande. A un ritiro sopra Verona si è chiarito che un persona dalla Sardina non capisce l’altra dalla Sicilia. Non ci credevamo. Hanno fatto una conversazione davanti agli occhi e orecchi di tutti e si è chiarito che davvero non si comprendono, solo con la lingua di collegamento letterario italiano. Questa scoperta più tardi mi ha sorpreso ancora di più. Stavo in fila in un magazzino. C’era rumore, tutti parlavano. Non capivo tanto, ma pensavo che non conosco ancora abbastanza la lingua. In un instante, un signore vero anziano ha iniziato parlare, dicendo: ”Abbiamo bisogno di una lingua di collegamento per capirci”. Ho saputo che in Italia ci sono venti lingue che non si capiscono tra di loro. Si dice come fossero dialetti, ma non lo sono, perché non hanno soltanto differenze nell’accento, come da noi fra uno di Csík e della Lövéte. Infatti, là, di partenza tutti sono bilingui (ho incontrato con una scolara elementare vedendo il suo libro). Tal effetto ovviamente influisce sul parlare letterario che si può distinguere tra di loro.
La sorpresa più grande mi ha preso in Francia, presso l’Università Cattolica di Angers. Il nostro professore di grammatica ci ha parlato che in Francia esistono settantacinque lingue separate, il francese letterario è il collegamento. Ci ha raccontato che sua figlia non può parlare con sua madre, solo sul francese letterario, perché vivono lontano dai genitori. Questo mi ha fatto pensare tanto…
Nemmeno il territorio linguistico tedesco fa eccezione. A Rosenheim per es. alla stazione ferrovia hanno annunciato in due lingue l’arrivo del treno, in una tedesca locale, l’altra la letteraria. Questa situazione avevo già imparato a Tirolo di Sud, se si sono scordati della mia presenza, e cominciavano parlare in lingua locale, una parola non è tanto, ma non lo capivo nemmeno.
Una cosa però dappertutto si capisce, ricambiandola, è il sorriso, che funziona anche senza parole.
Nostro Emil ha vent’anni
Il nostro Imre Emil junior, Emiletto, il campione molteplice internazionale in pattinaggio di velocità compie vent’anni. Forse su di lui abbiamo scritto di più in Messaggio, chi è nato nella nostra FCL, partecipando a soli cinque mesi d’età al ritiro della Famiglia nella Casa San Geraldo di Szeltersz.
Era per me un regalo per eccellenza seguire questi vent’anni, potendo vedere lo sviluppo della sua gentilezza, saggezza, nobilitazione, dal primo elementare alla maturazione virile. Potevo essere presente ad alcuni momenti di crocevia della sua vita, almeno in preghiera, perché tante volte ha lottato a più migliaia di kilometri meritando il grado del campione. Non potrei già contare le sue cupe, medaglioni. Forse non mi permetterebbe nemmeno la sua modestia, carattere semplice e nobile.
Non sarebbe giusto evitare l’apprezzamento della sua amorevole famiglia, che tutto il periodo gli stava accanto. All’inizio sua sorella, mamma scrivevano i compiti di casa per facilitare il tempo prolungato per la notte dopo lunghe ore d’allenamenti.
Ringrazio al Signore tale cammino di vita straordinaria e ringrazio alla famiglia Imre, che ci ha condiviso la sua “piccola famiglia” con quella “grande”, cioè con la Famiglia Camilliana.
Varga Sándor András – cittadino onorario di Csíkcsomortán
Il giornalista di premio Nívó (livello) è arrivato dalla Patria Made (Ungheria). Amava la Terra Siculorum e i siculi, perciò ha comprato una casa e ha costituito la pensione nominata secondo la montagna tanta cara per i locali, Albergo Brezza. Non si è fermato qui, l’ha riempito con vita, oltre tante organizzazioni, con il più superbo: è diventato padrone del campo dei versi Transilvano. Si è dedicato totalmente all’educazione letteraria dei giovani siculi. Ha creato collegamento delle anime con se stessi e con chi pensa allo stesso modo. Con tutto il suo impegno ha aiutato a essere conosciuto il villaggio più orientale Csomortán con il mondo. Accanto alla sua famiglia ha assunto la comunità.
Purtroppo, come suole, gli hanno misurato il tempo strettamente per un’impresa così enorme. Sua salute era minacciata dalla malattia, che avanzava con dei passi spietati, fino il cessare della vita.
Sua anima nobile desiderava riposare qui in villaggio, perciò l’hanno portato le sue ceneri al suo posto diletto. Il villaggio considera suo deceduto, cittadino onorario postumo. Ha vissuto 54 anni.
Notizie:
* Il 29 febbraio con 15 partecipanti si è radunata la Famiglia Camilliana a Kovács Pannika di Rákos.
* Il 15 marzo si è partito il Saluto mensile della Famiglia Camilliana di Bolzano. Sia benvenuto!
Auguriamo buona preparazione a Santa Pasqua, riconciliazione e buon festeggiare a Tutti Voi!
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