Il messaggio della
        Famiglia Camilliana
                                                        di Csíkszereda


Anno XXI, Nr. 220 – marzo  2017

La dinamica del dipingere l’uovo

Le prime uova dipinte avevo ricevuto da suor Alberta (Zsidó Erzsébet, religiosa sociale) ancora nella mia infanzia. Le avevo ammirato tanto, guardando da tutti i lati, ho cercato di scoprire l’enigma sulla base in cui le hanno dipinto con cera. Mi ha affascinato la loro geometria, le linee precise, la forma regolare che appariva, e la linea dominante dritta ma a caso elisse sull’uovo tondeggiante.
L’uovo dipinto su sfondo bianco rappresenta l’elemento basilare della vita: il colore rosso è la Vita stessa, anche quella della risurrezione. Il bianco riflette l’innocenza, il fondo indiviso dei colori, spazio di ogni prontezza, alba dell’enigma in avvenire. Era bello gustare tali simboli da bambina, approfondirli per il futuro, dotare me stessa con un raro e ricco “supporto informatico spirituale”.  
Negli anni 70 lavoravo quale disegnatrice tecnica presso il reparto di progetti delle Acque, quando ho ricevuto un compito straordinario da un mio collega Mihók István da Gyímes (famoso luogo). Mi ha comunicato che l’hanno cercato alcune persone dall’Ungheria, che vogliono editare un libro con nodelli di uova dipinti. Egli conosce tanti modelli, è in grado di disegnarle in grandi linee, ma bisogna dare una forma precisa, elaborando con inchiostro nero sulla carta trasparente, con una bella linearità.
Non devo dire quanto mi ha reso felice per tale impresa. Ho studiato i modelli di nuovo, sentivo che mi arricchisce ogni scoperta, come si è composto in me l’immagine artistica del dipinto delle uova. La nostra bella lingua ungherese esprime il dipinto delle uova di Pasqua quale “scrivere”. Chi sa, questi segni nei tempi remoti potevano essere caratteri della scrittura, se non per esprimere la risurrezione.  
Ho messo i modelli delle uova in un quadro A4, dando al foglio i diametri secondo lo standard, 5 mm al di fuori, al lato sinistro 25 mm per poter mettere nella mappa. Ho disegnato due linee al margine. Quello di fuori, alla margine del A4, sottile, quello interno, secondo lo standard sopra descritto, in grosso. Ho preparato sempre prima il quadro per i miei lavori. Già il quadro ben preparato mi ha riempito con gioia, si sentiva che avverrà una cosa molto bella in essa.
Ho diviso il quadro in forme rettangolari. In ogni rettangolo ho messo un modello, sotto di quale con un campo di 5 mm per il suo nome. Quando tutto questo era preparato, bisognava creare il quadro dell’uovo. La forma precisa, lo “stampo” ha eseguito un altro mio collega, Kilyén Árpád, col compasso e riga sulla carta dura. Con questo stampo ho disegnato il contorno delle uova. Aveva attaccato anche un piccolo pezzettino di carta per poter muovere liberamente lo stampo, senza macchiare il disegno.   
Mi sono buttata dentro il lavoro con grand’entusiasmo, era incantante lavorare con esso. Mio collega, István, portava dei modelli sempre più belli, fatti con mano, da quali dovevo creare il perfetto. Sono riuscita. Ho disegnato più di duecento diversi modelli con tale tecnica, tutto raccolto dai Gyímes.
Non mi ricordo più in quanto tempo avevo terminato il lavoro, ma se ci penso, non andava tanto presto, accanto il servizio. Lavoravo con gioia, mi ha riempito la bellezza della creazione.
A quel tempo i simili lavori si facevano sulle basi dell’amicizia, mio collega, per gratitudine mi ha insegnato il dipingere l’uovo, ai suoi enigmi, così posso dire che ho imparato da un vero “maestro” l’arte dell’uovo pasquale. E’ stato lui a preparare per me anche i primi due strumenti per il dipinto.
Ho sentito solo molto più tardi che è stato stampato il libro, da quale purtroppo io non ho ricevuto, nemmeno l’ho visto. Durante il mio servizio di pastorale mi sono incontrata con la moglie del collega, da lei ho saputo che esistono i miei lavori presso una persona di Gyímes, arrivati dal mio collega.
Per tanti anni dipingevo uova con entusiasmo, e come si vede, per oggi è diventata una necessità per le feste della Pasqua, la sua arte si è allargata, diventando tradizione per la felicità della gente.

Incontro camilliano
           
            Prima ancora che s’incominciasse la Quaresima, ci siamo incontrati con la nostra FCL nella mia casetta di Csikcsomortán. I membri esprimevano la loro esigenza, sembrava lontano l’ultimo incontro al fine di novembre quando avevamo triplice festa. Ci mancava anche l’insegnamento del Manuale  FCL.
            Era bello prepararci di nuovo con allegria, felicemente, aspettare la gente con tavolo pieno di beni e nemmeno i membri non arrivavano con i mani vuoti. Poi, accanto il tavolo festivo abbiamo parlato a lungo. Ciascuno di noi ha raccontato che cosa è successo nella sua vita dopo l’ultimo incontro, le gioie e anche le sofferenze, perché ci capita anche quello. Abbiamo trattato tutto, insieme, dando a ciascuno consolazione nella sua difficoltà e siamo resi partecipi nella propria gioia. C’è sempre da dire in abbondanza, le storie che condividiamo reciprocamente non finiscono mai, come in una famiglia buona, scoppiando allegramente nel ridere attorno un evento scherzoso.
            Il nostro assistente spirituale procura dell’insegnamento, ogni volta superiamo una parte della bellezza di vita di San Camillo, rappresentata tramite la santa dignità del servizio ai malati. Ci siamo a casa in essa, si capisce l’insegnamento e ci capiamo, il piccolo nucleo perseverante, che durante gli anni, ormai decenni si abituarono uno all’altro nel bene e nel male, dato che la cura dei malati a volte mette alla prova anche la fede della persona. A questo servizio solo raro è caratteristico il senso di realizzazione, qui per primo, se non per ultimo  prende parola il dolore. Perciò, è benvenuta la ricreazione, il rinforzarsi.
            Le discussioni, che non vogliono finire mai, anche adesso sono arrivate fino la tardi sera, solo la mente lucida poteva fermarle. Non avevamo fretta, abbiamo meritato la felicità di star insieme, fatto anche il digiuno per esso, così ci siamo dimenticati del tempo che scorreva inosservatamente.
            Ci siamo resi addio col cuore pieno di gratitudine, essendo felici per l’insieme allegra, per le discussioni, per i pasti, rendendo grazie a Dio per ciascuno di noi, e tutti si recavano a casa arricchiti.

Presso i miei malati nell’ospedale

            Sono già passati quasi quattro mesi da quando non visito i malati negli ospedali. Sto nelle mie vacanze perpetue, come cantavano i nostri antenati a Székely-land, ma io, come il soldato di Cristo.
            Col passare del tempo però, sento che alcuni miei malati all’ospedale portano la mia mancanza. Anche se sono già passati all’altro mondo molti malati di buona preghiera con i quali abbiamo passato tanti anni insieme, ci sono ancora alcuni che vogliono bene a me. Sì, eravamo uniti nel dolore, sofferenza.
            E’ successo lo stesso anche adesso. La figlia Eva mi ha raccontato che sono ricoverate le due signore Ibolya, che hanno espresso il loro dispiacere per la mia mancanza. Sapevano che non frequento più l’ospedale, le parlavo in novembre su questo, ma per loro è difficile l’assenza della mia presenza.
            Pensando che comunque devo andare in città venerdì pomeriggio (17), ho deciso di visitare prima ancora di andarsene a casa. Era un incontro pieno di gioia da parte di tutti noi, oltre la sofferenza. Purtroppo lo stato di una di loro era molto male, non l’ho vista mai in uno stato così grave. Ho reso grazie a Buon Dio per averle viste, dato che il tempo che sta alla nostra disposizione divine sempre di meno.

* Nostro Emil aveva compleanno l’8 marzo, sta in competizione all’esterno, e le nostre preghiere con lui.

Con affetto, Bakó Mária Hajnalka, RO – 530 194 Csíkszereda, Hunyadi János, 45/A/27, Tel: 0040 366 10 22 55 / 0040 721 088 154 / e-mail: mariabako@hr.astral.roArchivio: www.camillo.romkat.ro (it), http://www.kamill.romkat.ro/ (mag)


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